Un incontro dedicato a Federico Spantigati
Hanno preso parte all'incontro, oltre ai suoi studenti, Roberto Antonucci, Massimo Alesii, Gregorio Arena, Celeste Bertolini, Nino Bigi, Laura Gabrielli, Emanuela Goggiamani, Robert Hassan, Luca Massacesi, Massimiliano Neroni, Piero Trupia accolti da Margherita Bruno e Enrico Cogno. Molti gli spunti di vivo interesse: Trupia ha utilizzato una efficace metafora, indicando che Spantigati era solito gettare (nei convegni, negli incontri, nelle lezioni) dei piccoli semi di grande potenzialità, ma tutti da capire e sviluppare (cosa non sempre facile), che poi abbandonava per gettare altri semi, e via così. Alcuni di questi "semi” erano pensieri strutturati, sviluppati anche in libri e articoli, altri erano solo provocazioni di grande fascinazione. Come ha sottolineato Gregorio Arena, che più di altri presenti ha potuto testimoniare il grande valore di Federico anche negli studi sul diritto, questi spunti erano di solito anticipazioni che solo negli anni seguenti avrebbero mostrato la loro validità: la capacità di leggere in anticipo i segnali deboli del contesto socio-politico, classica di Federico, è rimasta proverbiale. Una vera e propria abilità previsionale, la sua, rara e difficile da decodificare. Certo, nulla faceva, si è detto, per rendere questi concetti divulgabili e semplici. Forse perché per lui erano già semplici, anche se molti dei presenti hanno confessato una certa irritazione per questo ermetismo. Chi è stato suo allievo, come Alesii, Gabrielli, Hassan, Massacesi e altri, ha però ammesso che proprio la necessità di doversi sforzare per riuscire a dare un senso a certi suoi concetti o certi comportamenti è poi risultato di grande valore nel tempo: è stata a questo proposito ricordata la sua lezione sul silenzio (stava due ore assolutamente immobile e zitto in aula, in mezzo alla costernazione dei presenti, poi faceva una lezione magistrale sul silenzio comunicante) oppure quando obbligava gli studenti a individuare chi avrebbe potuto essere il padre, la madre, il tipo di abitazione, il quartiere, del proprio vicino, prima di chiederglielo. E" stata quindi la stura dei ricordi e dei frammenti di vita quotidiana: si è ricordato, poiché non era per niente casuale, il suo abbigliamento, quella tipica sua giacchetta che poteva sembrare sciatta e invece era una strategia per non mettere in imbarazzo nessuna delle tante persone che incontrava durante una intera giornata, in ambienti diversissimi tra loro. Non ha mai utilizzato un computer: la sua piccola ma nitida grafia era nota a tutti, anche agli editori. I suoi viaggi sui mezzi pubblici (niente taxi né auto) gli servivano per arrivare agli incontri (in ritardo) ma sempre molto preparato sull'argomento oggetto di discussione, sul quale rimuginava per ore: poi emetteva lapidari e criptici pensieri che richiedevano spesso anni per essere capiti. Negli ultimi mesi di vita, già molto ammalato, stava lavorando con Italo Capizzi e Nino Bigi ad un progetto per una nuova rivista sulla comunicazione, in base ad un manifesto programmatico che tutti i presenti hanno chiesto di poter leggere e che Nino Bigi ha promesso di far avere. Ci si è lasciati con una certezza: gli stimoli di Federico, che dal 1991 aveva riversato in Correnti, l"anima culturale più viva della comunicazione in Italia, non devono andare perduti. E’ un impegno. Deve essere preso come un dovere da parte di tutti noi.
Enrico Cogno
Questo dimostra che con semplici mezzucci si ha visibilità sul web.
Scherzo caro professore, lei lo sa quanto a me interessi di più farla sorridere che arrabbiare.
Hanno preso parte all'incontro, oltre ai suoi studenti, Roberto Antonucci, Massimo Alesii, Gregorio Arena, Celeste Bertolini, Nino Bigi, Laura Gabrielli, Emanuela Goggiamani, Robert Hassan, Luca Massacesi, Massimiliano Neroni, Piero Trupia accolti da Margherita Bruno e Enrico Cogno. Molti gli spunti di vivo interesse: Trupia ha utilizzato una efficace metafora, indicando che Spantigati era solito gettare (nei convegni, negli incontri, nelle lezioni) dei piccoli semi di grande potenzialità, ma tutti da capire e sviluppare (cosa non sempre facile), che poi abbandonava per gettare altri semi, e via così. Alcuni di questi "semi” erano pensieri strutturati, sviluppati anche in libri e articoli, altri erano solo provocazioni di grande fascinazione. Come ha sottolineato Gregorio Arena, che più di altri presenti ha potuto testimoniare il grande valore di Federico anche negli studi sul diritto, questi spunti erano di solito anticipazioni che solo negli anni seguenti avrebbero mostrato la loro validità: la capacità di leggere in anticipo i segnali deboli del contesto socio-politico, classica di Federico, è rimasta proverbiale. Una vera e propria abilità previsionale, la sua, rara e difficile da decodificare. Certo, nulla faceva, si è detto, per rendere questi concetti divulgabili e semplici. Forse perché per lui erano già semplici, anche se molti dei presenti hanno confessato una certa irritazione per questo ermetismo. Chi è stato suo allievo, come Alesii, Gabrielli, Hassan, Massacesi e altri, ha però ammesso che proprio la necessità di doversi sforzare per riuscire a dare un senso a certi suoi concetti o certi comportamenti è poi risultato di grande valore nel tempo: è stata a questo proposito ricordata la sua lezione sul silenzio (stava due ore assolutamente immobile e zitto in aula, in mezzo alla costernazione dei presenti, poi faceva una lezione magistrale sul silenzio comunicante) oppure quando obbligava gli studenti a individuare chi avrebbe potuto essere il padre, la madre, il tipo di abitazione, il quartiere, del proprio vicino, prima di chiederglielo. E" stata quindi la stura dei ricordi e dei frammenti di vita quotidiana: si è ricordato, poiché non era per niente casuale, il suo abbigliamento, quella tipica sua giacchetta che poteva sembrare sciatta e invece era una strategia per non mettere in imbarazzo nessuna delle tante persone che incontrava durante una intera giornata, in ambienti diversissimi tra loro. Non ha mai utilizzato un computer: la sua piccola ma nitida grafia era nota a tutti, anche agli editori. I suoi viaggi sui mezzi pubblici (niente taxi né auto) gli servivano per arrivare agli incontri (in ritardo) ma sempre molto preparato sull'argomento oggetto di discussione, sul quale rimuginava per ore: poi emetteva lapidari e criptici pensieri che richiedevano spesso anni per essere capiti. Negli ultimi mesi di vita, già molto ammalato, stava lavorando con Italo Capizzi e Nino Bigi ad un progetto per una nuova rivista sulla comunicazione, in base ad un manifesto programmatico che tutti i presenti hanno chiesto di poter leggere e che Nino Bigi ha promesso di far avere. Ci si è lasciati con una certezza: gli stimoli di Federico, che dal 1991 aveva riversato in Correnti, l"anima culturale più viva della comunicazione in Italia, non devono andare perduti. E’ un impegno. Deve essere preso come un dovere da parte di tutti noi.
Enrico Cogno
Caro Prof. lo so che non sono cosi importante, ma all'incontro dedicato a Federico Spantigati c'ero pure io.
Questo dimostra che con semplici mezzucci si ha visibilità sul web.
Scherzo caro professore, lei lo sa quanto a me interessi di più farla sorridere che arrabbiare.
Commenti